Il termine Triskell proviene dal celtico triskin che significa letteralmente “tre raggi di luce” (in bretone an triskell, in francese triscèle). Assieme al punto, al cerchio e alla spirale, da cui ha origine, è uno dei simboli più antichi che l’Umanità abbia mai conosciuto. Tuttavia, prima ancora di costituire un elemento simbolico, il Triskell risponde ad una realtà funzionale capace di mettere in relazione le forze cosmiche con la natura più profonda dell’uomo. Il punto, collocato spazialmente al centro del Triskell, costituisce l’origine dei suoi tre raggi, ovvero lo Spirito totalmente immerso nel suo sogno di luce, e per questo ancora autoreferente; il cerchio rappresenta, pertanto, il suo naturale sviluppo relazionale, la sua incarnazione in una prassi storica. Esso, infatti, fornendo all’uomo antico, un modello semplice ed intuitivo di focalizzazione della realtà, lo predisponeva a cogliere, nelle varie dimensioni della natura, la successione del ciclo solare o la perfezione incarnata della Vita, nel suo fluire e riprodursi continuo. Non stupisce quindi che, su questa base intuitiva si sia potuta sedimentare l’essenza stessa della spiritualità celtica antica. Secondo una tradizione gallese, che viene fatta risalire ad una ininterrotta linea bardica locale, il principio divino – l’Oiw – ha attributi e caratteristiche irraggiungibili dalla comprensione umana, ed è pertanto inconoscibile. Appare del tutto evidente, quindi, che qualsiasi tentativo di assimilare l’Oiw alla tradizione monoteista non abbia alcuna ragion d’essere: visto che tutto quanto è inesprimibile non si può ridurre ad una qualsivoglia forma concettuale limitata che classifica ed etichetta.
Ciò che invece risultava perfettamente comprensibile per gli uomini del tempo, erano i modi diversi in cui lo Spirito si manifestava, e che la tradizione sopra menzionata individuava come: Skiant (Conoscenza/Saggezza), Nerz (Forza/Volontà) e Karantez (Amore/Creatività). Questi tre principi agivano – per i Celti – per il buon funzionamento del Cosmo e, in esso, della comunità. Non bisogna infatti pensare che per i Celti la dimensione spirituale fosse qualcosa di distante e disgiunto dalla vita quotidiana, ne costituiva bensì il tessuto connettivo stesso. Le tre energie dell’Oiw sono infatti visibilmente corrispondenti alla triplice ripartizione funzionale indo-europea: druidi, guerrieri, artigiani. Accadeva quindi che ogni individuo, per poter accedere al mistero divino, doveva semplicemente vivere con coerenza la strada che aveva deciso di intraprendere, sia come decisione individuale che come appartenenza ad una determinata classe sociale. Lo spirito celtico non è particolarmente proteso verso la conoscenza solipsistica di sé, bensì concentrato nel trovare il proprio posto nel mondo, in una sorta di integrazione divina con tutto ciò che ci circonda, che non è nostro strumento, e del quale non siamo noi strumento, ma parte integrante e armonica. Appare chiaro pertanto, in una società dove la manifestazione del singolo individuo si confaceva ad una delle espressioni conosciute dell’inconoscibile divinità, che valori come la dignità umana, la libertà interiore, la difesa del gruppo, l’onore e la fedeltà alla parola data, assumessero un’importanza decisiva.
Torniamo adesso, per un attimo, ai simbolismi del punto, del cerchio e del triplice movimento. Se dobbiamo porre l’accento su di uno dei suoi tanti significati, diremo allora che il centro del Triskell, nella sua funzione di “motore immobile”, stabilisce anzitutto un punto di partenza che è anche un punto d’arrivo. Perché, se tutto è derivato da esso, allora è anche vero che tutto deve alla fine ritornarvi; e dato che tutte le cose esistono grazie all’esternazione del principio e non potrebbero sussistere senza di esso, tra questo e quelle dovrà stabilirsi un legame permanente, rappresentato dai raggi che uniscono il centro con ogni singolo punto della circonferenza. Ora tali raggi, potendo essere percorsi nei due sensi, definiscono fasi complementari, centrifuga la prima e centripeta la seconda, che possono essere facilmente associate tanto alla respirazione, che alla funzione fisiologica del cuore nel sistema circolatorio. Ne consegue che, in estrema sintesi, il Centro rappresenta “l’alpha e l’omega” di tutte le cose, ma – e con un accostamento ancora più felice – ne costituisce al tempo stesso sia l’incipit, che il mezzo, che il fine. Questo modello tripartito rivela, ad un esame più accurato, l’associazione dei “tre vortici” agli elementi Aria, Terra, Acqua, dove Skiant rappresenta l’idea originaria o il principio ispiratore, Nerz la sua concretezza realizzativa (il mezzo), e Karantez la finalizzazione naturale accogliente e creativa. Bisogna infatti asserire che, per gli antichi Celti, il fuoco, ancorché quarto elemento, costituisce soprattutto la dinamizzazione degli altri tre.
Le tre spirali rappresentano mirabilmente il doppio movimento lungo ciascun raggio del cerchio: quello evolutivo, uranico, maschile, attivo, un vortice di energia che si espande sino ad abbracciare sinteticamente tutto il cosmo; e quello involutivo, tellurico, femminile, passivo, che, come una sorta di gorgo, approfondisce e distilla analiticamente l’attenzione sulla dimensione interiore della memoria e della tradizione. È per un bisogno di energia cosmica che l’uomo cerca di elevarsi al di sopra della materia, ed è per un bisogno di incarnazione che l’energia cosmica spirituale discende sulla terra.
Le tre spirali del Triskell, che, in una disposizione a coppie, non potrebbero mai trovare l’equilibrio in mancanza di un ulteriore dinamismo compensatorio, vengono infine composti nella loro danza creativa, proprio attraverso l’apporto della natura energetica del terzo elemento. Così, tanto per fare un esempio, la Conoscenza/Saggezza di Skiant può equilibrarsi con la Forza/Volontà di Nerz, solo grazie alla dinamica dell’Amore/Creatività espressa da Karantez, e questi tre movimenti sinergici producono quell’energia che, nella comprensione druidica, rappresentava l’essenza stessa della Vita.
Ognuno dei tre vortici costituisce una strada verso il divino, il sacro, il soprannaturale, e al tempo stesso il terreno applicativo del divino stesso nella realtà materiale. Ogni individuo che rispetti la propria natura e missione può percorrerli, magari visualizzandoli (come spesso è avvenuto in ogni tempo) in altrettanti archetipi: il Vecchio Saggio, il Giovane Guerriero, la Donna Guaritrice. Essi vibrano ancora oggi, forti di tutto il loro potere, nel nostro animo, per aiutarlo a prendere coscienza della propria essenza e del proprio destino.
Merlino per i Viandanti del Sogno