L’intento è un interfaccia simbolico tra i desideri umani più elevati e il mondo spirituale, e, come tutte le cose che riguardano l’appartenenza al nostro mondo dualistico, possiede una sua veste materiale. Nella fattispecie, quello che la tradizione sciamanica Andina chiama “Occhio di Dio”, utilizza materiali naturali di facile reperibilità – due stecchini e della lana colorata – che devono essere assemblati, in un processo meditativo, con intenzione, attenzione e ascolto. L’atteggiamento costituisce infatti la parte più significativa di ogni intento, ovvero la realizzazione di un obiettivo significativo per la vita personale o per quella di altri esseri. L’oggetto residuale, una volta portata a termine la composizione, rappresenterà solamente un “segnalibro”, una sorta di promemoria, intriso dell’energia immaginativa e preveggente che sarò riuscito a infondergli, con la funzione di costringere i sensi a fungere da richiamo per una memoria fin troppo labile e incostante. La concentrazione e la volontà che riusciremo ad imprimere nell’esercizio delle nostre mani, durante la realizzazione dell’Intento, costituirà una verifica di quanto realmente abbiamo a cuore l’obiettivo che ci siamo prefissi. Meglio non chiedere se non siamo convinti fino in fondo di poter accettare la possibilità della realizzazione di ciò che abbiamo domandato. Non chiediamo mai, se è solo per far pace con la coscienza.
Tutto quanto abbiamo detto finora, riguarda ciò che afferisce al versante umano dell’intento, e che coinvolge, in primo luogo, la sua purezza e la sua coerenza.
Ma dato che, come abbiamo detto, la procedura non possiede solamente una dimensione volontaristica – come tutte le cose che riguardano la visione sciamanica – allora l’altro versante, nello stesso modo parte integrante e qualificante del lavoro, viene ad assumere i connotati dell’abbandono fiducioso ad una saggezza superiore, per lungimiranza, con la quale sia possibile relazionarsi quotidianamente, nella semplicità di piccoli gesti universali. Da questo ne consegue che la realizzazione dell’intento può verificarsi non necessariamente nei termini in cui noi l’avevamo programmata, ma addirittura apparire contraddittoria rispetto ad essi. Avviene come quando, concludendo i Cerchi del Sogno, dove “mettiamo nel Centro” i nostri pensieri di luce per chiedere sia fatta chiarezza e data guarigione alle persone o agli avvenimenti che fanno parte della nostra esperienza quotidiana. Non è giusto aspettarci che l’energia condivisa si indirizzi nel senso previsto dalla nostra mente concettuale, ma che invece si muova liberamente fino a consentire realmente “il raggiungimento del massimo beneficio possibile” nella realtà e nelle condizioni date.