Agli equinozi (Oestara e Mabon), quando la trama chiara e quella scura dell’anno si dispongono in equilibrio, il movimento ciclico della Ruota del Tempo, appena prima di invertire il suo corso, si arresta per un istante, quasi fosse una pausa di riflessione, lo specchiarsi nella propria dimensione interiore, per poi riprendere il movimento – l’attimo successivo – nel conseguente predominio della luce o dell’ombra. In questi due momenti di quiete dinamica, nell’assenza di moto, ci viene offerto il privilegio di scorgere il nostro opposto, vedere noi stessi fuori di noi, la nostra immagine riflessa in uno specchio, altro io dell’io. Su questo “terreno di nessuno”, limite interattivo tra due mondi e dimensioni, tempo e spazio sospesi sull’abisso insondabile dell’eternità, si realizza l’accesso al nuovo, la trasformazione alchemica e la conversione delle forme in altre forme. Ecco perché la riproduzione sistematica del Rito – per non divenire vuota e sterile – non può che fondarsi sull’unico sigillo di una profonda purificazione personale ed una conseguente crescita interpersonale.
La Ruota del Tempo è l’esperienza che tutti i popoli nativi, generazioni vissute a contatto con la terra e dei doni della terra, hanno appreso in ogni attimo della propria esistenza. Il calore vivificante del sole, la sua necessaria alternanza con l’oscurità, produce incessante movimento, rappresentato dalla successione delle stagioni. Se paragoniamo queste fasi al ritmo di un grande pendolo, possiamo facilmente constatare come il suo andare e venire, a velocità diverse, tocchi la sua massima quantità di moto in corrispondenza dei solstizi; altrove, la spinta cinetica progressivamente si esaurisce disponendosi a divenire potenzialità per l’attuazione di un nuovo giro a polarità invertita. Agli equinozi, l’energia del movimento in atto si annulla per convertirsi in pura progettualità. Potremmo dire, con altre parole, che ciò che la vita produce come avvenimenti realizzati (il movimento) si converte lentamente nel sogno di nuovi eventi (la sua sospensione).
Categorie del Tempo o della Vita?
La caduta nel tempo – o come la chiamava Teilhard de Chardin, nella “durata” – ha gravato l’uomo di un pesante fardello, fatto di aspettativa, di ambizione, frustrazione, attaccamento, ed altro ancora. Ma lo ha pure dotato di un’importante corredo di speranza, di impegno, slancio, abnegazione, aspirazione e tensione ad andare oltre, al superamento dei propri limiti. È il ricchissimo bagaglio dell’uomo, fatto di grandi ostacoli, ma anche di grandi opportunità.
La metafora suggerita da La Fontaine nella fiaba della Cicala (immagine della fugacità dell’attimo) e della Formica (la successione ritmica degli avvenimenti), pone l’eternità come sfondo su cui si alternano sia l’attimo che il ciclo. La dimensione senza tempo da cui entrambi promanano. Geometricamente parlando, il punto e la spirale.
Nella Ruota del Tempo la luce e le tenebre continuamente si sfidano. Tra di loro non vi è mai uguaglianza, e possiamo dire che sono proprio gli estremi solstiziali, nel loro irriducibile squilibrio, a dettare il movimento: l’energia cinetica si dissipa o incrementa progressivamente, fino a quando, solo per un istante e prima di invertire il ciclo, è pari a zero. I punti equinoziali, in altri termini, rappresentano “il riscatto della cicala”: la stasi, l’Epochè, l’attimo. Sono territorio di verifica e di confronto, come se avessi sott’occhio la mia immagine speculare e mi soffermassi a rimirarla, per correggerne alcuni tratti, nel puntare all’essenza; e facessi tutto questo appena prima di partire per una nuova avventura. Per Kerkegaard rappresenta lo stato estetico dell’esistenza, quella forma di vita che, non conoscendo la ripetizione si esprime nell’irripetibilità dell’istante.
Nel pendolo il movimento ciclico si alterna al non movimento. Quest’ultimo segna l’inversione del ciclo. Se dunque il movimento ciclico rappresenta l’instaurarsi di un ordine, un divenire nella successione di avvenimenti – così come la stagione del raccogliere frutti segue necessariamente quella della semina – I punti di non-movimento, precedono una totale inversione di tendenza, una vera e propria conversione. Essi non possiedono pertanto coordinate spaziali o punti di riferimento temporali, ed essendo sotto il dominio del Chaos, veicolano, al loro interno, l’insorgere di uno “stato nascente”, non prevedibile o preventivato. Proprio quello che ci salva e ci affascina, nel mentre ci conduce in un reame nascosto…che socialmente conosciamo come “amore”, psicologicamente come “doppio”, sciamanicamente come “specchio”. Merlino, per i Viandanti del Sogno, vi augura una buona celebrazione.