Alban Arthuan
La luce di Artù, il mitico re che ritornerà, alla fine di tutte le battaglie, a ripristinare un’era di pace e di prosperità.
Mentre l’anno volge al termine, le notti si allungano e le ore di luce sono sempre più brevi, fino al giorno del Solstizio invernale, il 21 Dicembre. Il respiro della natura è sospeso, nell’attesa di una trasformazione, e il tempo stesso pare fermarsi. È uno dei momenti di passaggio dell’anno, forse il più drammatico e paradossale: l’oscurità regna sovrana, ma nel momento del suo trionfo cede alla luce che, lentamente, inizia a prevalere sulle brume invernali.
Tre temi si intrecciano e si sovrappongono, come i temi musicali di una grande sinfonia: 1. La morte del Vecchio Sole e la nascita del Sole Bambino, 2. La sconfitta del Dio Agrifoglio ad opera del Dio Quercia, 3. I Riti agrari per sostenere e propiziare la rinascita del Sole.
Oggi che il nostro mondo è radicalmente mutato, che il sole in cielo è solamente una piccola stella, tra le tante, dalla quale sentirci sempre più distaccati, che significato potremo dare a questa Celebrazione? Forse solo quello di un…
… ultimo balzo nel nulla.
Yule è l’ultima porta in vista del grande inverno, e questo è stagione senza appigli o possibilità materiali, poiché vive di sospensione e attesa. Immaginiamo per un momento come doveva essere l’inverno dei nostri antichi padri nel nord Europa: lo sprofondare in un’oscurità senza requie che forgiava il coraggio e la disperazione, dove la sopravvivenza era appesa al filo sottile di una ragnatela. Se lo paragoniamo alla stagione che conosciamo nella nostra civiltà moderna, comoda, opulenta e tecnologica, dove un ‘clic’ è sufficiente a scoraggiare ogni ipotesi di freddo, non troviamo niente che ancora ci leghi a un destino comune. E allora proviamo ad osare oltre nell’accostamento e andiamo a cogliere nell’inverno di Yule il declino della vita per come la conosciamo, del futuro dell’umanità, del destino stesso di ogni essere e della terra. Allora, forse, il quadro sembra coinvolgerci in maniera più diretta, assumere aspetti di maggiore similitudine, perché adesso ne possiamo percepire per intero la precarietà, l’angosciosa attesa di ciò che appare come inevitabile, laddove tutta la scienza, la logica, la ricchezza e la creatività della mente umana pare arrestarsi impotente, priva com’è di elementi concreti su cui poter lavorare. Ecco che quindi si volge al giudizio, al tutti contro tutti, ad inventarsi ostinatamente una salvezza solitaria ed egoistica. Yule è “la buia notte dell’anima” di cui parlavano i mistici d’Occidente, dove nessuna salvezza è visibile all’orizzonte, e nessuno sforzo esclusivamente umano può valerne il ritorno. Quale sorte ci riserverà il futuro – pensavano gli Antichi – se il sole stesso, da cui dipende la nostra sopravvivenza, è ad un passo dallo scomparire inghiottito dall’ombra?
Ebbene, posso decidere di attendere il compimento di questo immenso spettacolo sul bordo dell’abisso, lamentandomi della sorte avversa, oppure lanciarmi nel buio ovattato armato di tutta la mia fede, chiedendo segni da perseguire con piccole azioni di volontà. Sosteniamo insieme la luce morente al calore della nostra fede che, nelle tenebre, può farci scorgere i prodromi di una nuova aurora. Yule è stare nell’oscurità con in testa un ultimo grande sogno e la sua realizzazione; è piangere tutte le nostre lacrime con la certezza della consolazione. Questo è il senso della divinazione che facciamo in questo periodo: non chiediamo responsi al futuro che plachino per un momento le nostre angosce, ma interroghiamo la nostra Grande Madre Terra, per avere indicazioni su come assecondare, con le nostre piccole azioni di uomini, i grandi riti del cosmo che sono già all’opera e quelle forze che, in maniera spesso oscura e misteriosa restituiranno, in un giorno sbalordito, i colori alla primavera. Merlino per i Viandanti del Sogno